partire di qui per indicare la svolta che ha avuto luogo con il postmoderno, una svolta che non si può collocare esattamente, come sempre accade quando una svolta si realizza, ma di cui si parla a cominciare al più tardi dagli anni Settanta nel mondo anglo-americano, dove il fenomeno si è manifestato più massicciamente, e nell’Occidente in generale.
Di che svolta si è trattato? Diciamo subito che il postmoderno è la cultura di una società di consumatori. Esso conisponde a una fase storica in cui non solo una cultura multimediale si è estesa a livello transnazionale e planetario, ma anche le merci sono diventate messaggi, appelli al consumatore. L’industria culturale, che Adorno aveva assai per tempo denunciata, è divenuta nell’età dell’elettronica e dell’informatica l’industria egemonica. L’immensa varietà delle merci si e articolata semioticamente E ama se ne può più parlare in termini di status-symbol. Il consumo infatti si è generalizzato e sempre più tende a generalizzarsi. E tutto lo spazio sociale che appare ingombro di oggetti-segno o, come si dice, di simulacri. Alla pluralità delle culture e ai tradizionali livelli culturali — agli stessi rapporti gerarchici tra culture dominanti e culture subalterne — si è sostituita una democrazia culturate fondata sullo scambio o, riprendendo in un altro senso un’espressione di Marx, una democrazia dell’antidemocrazia, che ha riplasmato e continuamente riplasmato l’immaginario collettivo.
Non è più il prezzo delle merci — di una raffinata audizione afferrabile solo dagli esperti
ad essere consumato ed a valere come status-symbol, come scriveva provocatoriarente Adorno. E il valore di scambio che si realizza come valore culturale. Nei grandi magazzini gli shopping malls americani si comprano merci estetizzate — merci-simulacro che producono senso comune, e pianificano la vita quotidiana, dando un forte senso dell’appartenenza all’oggi. E i media non hanno più bisogno di discriminare ideologicamente i messaggi, ma tutti li ammettono trasvalutandoli in ragione del grado dì ricezione. Nel mercato della comunicazione i messaggi più contrari e di più diversa origine sono spogliati della loro storia e allineati su un unico piano orizzontale. E il fenomeno della spazializzazione del tempo. In tutti circola lo stesso valore che l’uniformità della ricezione impone, illudendo sulla libertà e varietà delle scelte individuali, costruendo cioè la personalità del destinatario. Il mercato diventa un’autorità culturale. E c’è infatti una borsa-valori della cultura che la quantifica e ne segue la variazioni. Il postmoderno è la fase storica di un’esperienza destoricizzata di massa. E un suo prodotto è l’ideologia della fine della storia, in cui l’impreparazione davanti al futuro si traduce nella sicurezza, che non si può che dire magica, di poterlo comunque trattare e dominare.
E qui, per entrare più direttamente nell’argomento, possiamo toccare il tema del sublime postmoderno. Non si tratta di un sublime della purezza. Lc poetiche postmodeme sono poetiche della mescolanza, dell’eterogeneo, dell’impuro. Per questo aspetto Burger ha potuto vedere nel postmoderno un’avanguardia depotenziata, un depotenziamento sotto il segno dell’estetico dell’avanguardia, un'a
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