empiriche,
circostanziali, soggettive dell’atto di leggere venivano rimosse.
Leggere era considerato un atto culturalmente degno e corretto solo sete procedure di analisi erano stabilite a priori come deontologicamente degne e scientificamente corrette. il professionista della lettura si presentava come il superamento, la trascendenza del lettore empirico.
L’atto di leggere veniva bonificato, disinfettato dai germi dell’occasionalità e dalle interferenze della soggettività non professionistica del lettore. L’atto di leggere veniva bonificato, disinfettato dai germi dell’occasionalità e dalle interferenze della soggettività non professionistica del lettore.
I rischi della lettura vengono da un processo interpretativo in corso; non vengono tematizzati filosoficamente, ma dispiegati nella dialettica discorsiva, saggistica di un racconto critico. La critica non si limita al testo con le sue strutture, nè al lettore con le sue reazioni, nè alle intenzioni dell’autore. Sarebbe molto difficile, fra i classici della critica moderna, trovarne uno che si fermi al testo, o alle proprie reazioni di lettore, o alle sole intenzioni dell’autore. La critica letteraria è un’estetica in atto, non in teoria,la sola estetica empirica e pluralistica e forse (io almeno lo credo) la sola che conti. I tentativi di definire la letteratura in generale, cercando formule valide per l’intero corso della storia e per tutti i generi, non hanno dato risultati durevoli; anche quando, anzi soprattutto quando, certe teorie e definizioni hanno avuto successo, spingendo la critica all’uso di tautologie rassicuranti: la poesia è intuizione lirica, la pooesia c'è quando domina la funzione poetica del linguaggio, l'essenza della letteratura è la letterareità...