sabato 30 settembre 2023

Chi fa storie

 




Amministratore
Persona più attiva
 spnotordSe401101149f54hm4lhc0m9f9hmt0hit16g9081u10mfa i8ma3h Rende, Calabria 
Chi fa storie&no
IL MARE D'AUTUNNO
non sembra vero ma il progetto c'era, si dipanava senza soluzioni di continuità lungo gli anni, dieci, non a caso. Poi non ho insegnato più, avevo perso l'ispirazione, mi ripetevo: cioè imitavo* e sappiamo bene che non si fa! Anche e soprattutto se si fa se stessi.
avevo capito che non potevo, che ero inimitabile, il progetto era fasullo, non era "scientifico", non era falsificabile verificabile e riproducibile - chiedetevi anche perché una grande maestra come Emma Castelnuovo, lei veramente tale, dopo i suoi cent'anni non ha avuto una voga di tipo 'montessoriano', una scuola-tipo, un seguito.. Le scuole montessoriane sono delle imitazioni, pallide, dell'originale, non così Emma ( + [http://emmacastelnuovo.blogspot.com/p/blog-page_5.html?m=1](http://emmacastelnuovo.blogspot.com/p/blog-page_5.html?m=1) ), sono scuole senza maestri.
io ero un maestro, piccolo e nero, un Calimero, ma, come dice l'antica allieva tanti anni dopo, lo pretendevo, e avevo anche 3-4 volte con entusiasmo motivati altri 😲..

se avevo un progetto insomma non era replicabile, non era tale, non funzionava appena non gli davo corpo, di persona personalmente.
Lo dico per un'amica, eh!? Ci divertivamo, a seguire negli anni successivi, ma non si tentava il mondo: forse a fine carriera di inventore sì con [mondoailati] ( http://mondoailati.unical.it/ ) che infatti non a caso è irraggiungibile..

[https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=10158235240926359&id=695921358](https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=10158235240926359&id=695921358)

METODI DI OSSERVAZIONE E MISURA
"piove. è mercoledi. sono a SantaMarinella.."
E’ stato giusto? 🐌
Un modello didattico valido per tutti i ragazzi non esiste, questa è stata la tua intuizione, l’intuizione di un giovane insegnante.
Credo tu abbia iniziato ad immaginarlo, studiarlo e calibrarlo in rapporto agli studenti che ti sei trovato di fronte, hai cercato la soluzione più opportuna ed adeguata in quel contesto sociale.
La scuola da sempre è stata specchio della società e nella provincia si vedeva meglio questo spaccato dell’Italia di allora a causa dell’eterogeneità degli alunni, per la loro provenienza da classi sociali differenti e da scuole primarie presenti su una vasta area: dal litorale, un po’ più moderno, alla campagna un po’ più tradizionalista. Per la lentezza che la contraddistingue e per la ritrosia ai cambiamenti.
Come insegnante potevi operare in modo tradizionale (e non avere nessun problema con colleghi o genitori) o promuovere una trasformazione del metodo facendo arricciare il naso a più di qualcuno.
Hai agito per il cambiamento dando voce all’allievo-persona ed iniziando un percorso di crescita e conoscenza INSIEME: come insegnante hai imparato a comunicare (attraverso un linguaggio semplice ma efficace), noi allievi siamo stati coinvolti e motivati alla conoscenza.
La dinamica relazionale tra insegnante e allievo ha portato ad un alleanza-patto tra di noi. L’insegnante Orazio non ha pregiudizio, è il mediatore tra l’allievo e la cultura della società

….Santa marinella realtà piccolo borghese forse un po’ acculturata certamente non colta, Ladispoli cittadina popolare con un alto tasso di delinquenza dedita soprattutto in quegli anni allo spaccio di droga (un sobborgo della Roma di periferia) e Cerveteri cittadina a vocazione agricola chiusa nei suoi valori antichi, dove la cultura era il lavoro ed il rapporto con il proprio territorio.

Che figli ha prodotto questo tipo di società?🐌
In questo contesto cosa si poteva fare?
Qualcosa di rivoluzionario ed innovativo…perché così noi lo abbiamo vissuto.
Noi, gli allievi, protagonisti delle tue lezioni, abbiamo imparato che il sapere si costruisce, abbiamo avuto il tempo di capire e abbiamo potuto esprimerci con qualcuno che si poneva al nostro livello, senza soggezione o paura di sbagliare.
Così abbiamo imparato il rispetto per gli altri e che la selezione è il fallimento della scuola.
Attraverso il dialogo abbiamo costruito insieme le lezioni e con le nostre acute osservazioni abbiamo iniziato un gioco dove tu finivi quasi sempre per mettere in discussione alcune certezze acquisite.
Non siamo mai stati indottrinati ma educati che come sai vuol dire “tirar fuori”. Ecco hai tirato fuori le nostre attitudini come Michelangelo diceva di aver visto Mosè o David in un blocco di marmo…lui lo aveva solo tirato fuori!
Sono arrivata alle conclusioni ed ancora non ho scritto la parola magica che è MATEMATICA.🐌
Perché?
Perché il tuo metodo non è stato un insegnamento astratto della matematica, perché la lezione da li partiva ma poi si arrivava al gioco dei dadi, al giornale quotidiano, alla politica, all’attualità, all’arte.
In questo modo abbiamo imparato il rispetto per gli altri ed acquisito un’autonomia individuale in funzione della società che ci circondava che di li in poi non ci avrebbe più condizionato.
Si poteva fare altrimenti? 🐌
Forse si ma non in quel contesto sociale e in quel periodo…..qualcuno si è perso naturalmente nel cammino della crescita come è normale che sia….non esiste la perfezione, ma credo che con quel metodo alla “volemose bene” si sia data una possibilità al maggior numero di PERSONE che non si sono perse ed hanno messo a frutto questi insegnamenti.

Lettera da una professoressa, Santa Marinella (rm), via delle colonie, in fondo.
Nessuna descrizione della foto disponibile.



sabato 13 maggio 2023

Fondo Piero Patriarca

 Se ti sei addormentato stanotte sui libri, non leggendo un libro del Fondo Piero Patriarca


venerdì 12 maggio 2023

Piero Patriarca

« »













 

savinio alberto

 

Nietzsche è un lirico. E l'esempio più tipico del lirico. E l'uomo più liricamente completo che io conosca. Nonché la sua opera, la sua vita stessa è un fatto lirico. Il suo filologismo, il suo filosofismo, la sua filosofia del martello, la sua volontà di potenza, il suo politicismo, le sue idee sugli stati, sulla guer ra sono altrettante forme di lirismo; e se non dico che la sua stessa poetica è una forma di lirismo, è perché non sarei seguito per vie così sottili. Ergo la filologia, la filosofia, la politica di #googlens FONDO PIERO PATRIARCA 🧷Nietzsche vanno considerate more lyrici, sciolte da qualunque idea di fine, prese come un gioco. Perché Nietzsche è lirico, E soltanto lirico. E lirico anche se parla di Bismarck o di Crispi; e Bismarck e Crispi nella sua parola diventano temi lirici. È soltanto lirico, cioè a dire sciolto da qualunque fine pratico. Diciamo la parola giusta: è gratuito. Onde il suo pensiero, la sua pa- rola vanno presi gratuitamente, come pure illuminazioni liriche. Mai domandarsi davanti a un pensiero di Nietzsche: «Che significa?». Meno ancora intenderlo o interpretarlo nel significato letterale e trasferirlo sul terreno sul quale le cose hanno un fine e si fanno per un fine ». Come impastar torte con polvere da sparo. Come fabbricar statue con la cipria.
Immaginiamo lo stupore, poi il dolore, infine la disperazione di Nietzsche, questo più lirico degli uomini, davanti alla 'responsabilità delle violenze, delle guerre, delle stragi, delle deportazioni, delle tortu- re, degli assassinii; dello scempio dello spirito - e dello' spirituale
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È forse l'intravista minaccia di questa mostruosa responsabilità che precipitò Nietzsche nella pazzia?... Basterebbe molto meno.

mercoledì 10 maggio 2023

DATA 5 MARZO 1984 BASE


 «L'albero della cuccagna: macchine e combines di poesia», 5 marzo 1984, ore.

DATA
BASE



sabato 6 maggio 2023

Piero e Salvatore


 Editor 2006:"quando irrompe la tecnoscienza le persone si dileguano annichilite da tanto favore da tanta potenza e la storia s'inabissa: il modello cessa di dialogare con i suoi referenti, accumula ritardi e invecchia- vedi la dinamica dei gruppi dell'open source...admin_system"

Emily Mortimer

 "lo sospetto di fare dell'arte troppo scientemente" Fare l'arte 



giovedì 4 maggio 2023

Pioggia a via Frattina

 MeteoTrend: Meteo Frattina per oggi, domani e della settimana. Precise e dettagliate previsioni meteo Frattina. ... Il Sole: Alba 05:56, Tramonto 20:17.


di facce e di facciate

 Se vuoi l'automobile per muoverti rapidamente, comodamente, devi pagare un prezzo. Devi accettare alcune sgradevoli conseguenze. Devi sapere che un certo numero di persone si infortunerà o morirà sulle strade ogni anno. Specie nei giorni di Ferragosto. È così. Lo dice la statistica. Scienza approssimativa forse, ma implacabile.
Non puoi farci niente, statisticamente parlando. Puoi però fare qualcosa perché quegli sgradevoli incidenti non capitino proprio a te. Vuoi che la televisione - altro mezzo di trasporto - ti porti il mondo in casa, comodamente? Vuoi girovagare da padrone con il telecomando? Allora devi accettare alcuni aspetti negativi, mutilanti della televisione. Sono difetti strutturali, non eliminabili. La televisione costruisce una grossa (persino grossolana) illusione ottica: ti presenta un mondo fatto di facce e di facciate, di «immagini». Ti fa credere che è tutto lì. Ti fa dimenticare che dietro quelle facce, quelle facciate c'è un altro universo. Che lei, la televisione, non ha modo di esplorare. Non puoi farci nulla, in generale. Puoi però fare qualcosa perché questo effetto negativo non devasti proprio la tua vita. La frequenta- 10

zione della televisione che non è di per sé peccaminosa - deve andare di pari passo con la frequentazione quotidiana, appassionata-della letteratura. Che-lei si sa penetrare in quel- l'altro universo: segreto, doppio. Al quale il televisore non ha accesso.
Tutto qui. Non è molto, me ne rendo conto. Sempre meglio, comunque, che ripetere o ascoltare le stesse polverose, ripetitive, generiche accuse convenzionali al televisore che ci rende (ci renderebbe) più violenti, più incolti, più passionali, più indifferenti. Ma non sono le stesse accuse rivolte al Cinema, quando fu inventato; alla Stampa, quando fu inventata; a tutti i mezzi di comunicazione e di trasporto, quando furono inventati? Dio, che noia. E che presunzione, da parte nostra. «Les autres, gli altri si comincia a sospettare - sono più interessanti di noi. Accendiamo la televisione. Vediamo un po' che cosa stanno facendo.

sabato 29 aprile 2023

Cromo

 Il tonfo degli zoccoli sulle crude zolle mi restava metà della notte accanto. Mi destavo sorridente ma stanco. Cristina Campo, La Tigre assenza


Nel discorso

 

Michel Foucault

L'ORDINE DEL DISCORSO 

Nuovo Politecnico 51 1979

 Titolo originale L'ordre du discours Michel Foucault 1970

Copyright © 1972 Giulio Einaudi editore s. p.a., Torino Quinta edizione




venerdì 28 aprile 2023

Savinio


FAMIGLIE, Dai ricordi di giovinezza di Francesco De Sanctis: « La mattina, la mamma mi fece mille tenerezze. Si staccava il bambino dal petto, e mi avvicinava, ridendo, la mammella, con l'aria di chi dice: "Ti ricordi? "». Ci si domanda che cosa gli mostrava il padre.


FANATISMO. Il 26 ottobre 1786 Goethe arriva per la prima volta ad Assisi, si fa indicare il tempio di Minerva « costruito al tempo di Augusto e ancora perfettamente conservato», lo ammira lungamente e non meno lungamente ne scrive la sera stessa nel suo diario, poi riparte alla volta di Foligno senza aver messo pie- de nella chiesa di San Francesco. Goethe, come si sa, era avverso a qualunque forma di fanatismo e per questo se la diceva così poco con i culti e le religioni. Ma non è anche questa forse una forma di fanatismo di fanatismo rovesciato ?


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Esc




In questa collana 2017

© 1977 ADELPHI EDIZIONI S.P.A. MILANO

WWW.ADELPHI.IT

SBN 978-88-459-3154-3



Da via Sibari al

 allestire piccoli spazi eventuali a parole nel fatti la mise en scène a il dramatis personae telematico digitale elettronico



Bernini (il mio)

Innanzitutto una confidenza, riguardante uno, soltanto uno, dei molti motivi per cui, fra tutti i musei romani, la Galleria Borghese è quella che amo di più.

Tutti gli altri motivi - la sua amabile ubicazione nel verde di Villa Borghese, la riposante ragionevolezza della sua estensione (due piani e non più di venti fra sale, salo- ni e salette), infine la bellezza mozzafiato dei suoi Bernini e dei suoi Caravaggio: due artisti per la cui conoscenza una visita a questo museo è assolutamente obbligatoria - sono motivi ovvi e largamente condivisi. Ma il motivo a cui mi riferisco io è un po' più personale.

Si tratta di due piccolissimi quadri. Il primo misura appena 39 centimetri per 31; l'altro, un pochino più grande, 56 per 44. Sono due autoritratti di Gian Lorenzo Bernini, eseguiti - si suppone - l'uno intorno al 1623, quando Bernini aveva venticinque anni, l'altro dopo il 1635, quando ne aveva circa quaranta. Ignoro quale rango e quale importanza vengano attribuiti a questi due minuscoli dipinti dagli storici dell'arte. Immagino che essi ven-

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gano giudicati in tutto degni del loro autore, ma decisamente secondari e periferici nel quadro dell'opera di un artista celebrato, giustamente, soprattutto come scultore e architetto. Ma io li trovo semplicemente meravigliosi, magici, stregati,

Sono due autoritratti decisamente "romantici" (o, se volete, "protoromantici"). Nel primo, Bernini si è raffigurato come un giovane invasato, dalle guance leggermente scavate, la bella bocca severa come percorsa da un impercettibile fremito, i grandi occhi neri, spiritati, rivolti verso qualcosa di sgomentevole, come di chi stia fissando un oggetto vagamente spaventoso e insieme indicibilmente seducente, o forse qualcosa che è soltanto l'invisibile proiezione di una fatale ossessione interiore. Nell'altro, sul volto dell'artista quarantenne, i segni di quell'antica ossessione, di quell'invasamento giovanile, appaiono invece smussati non cancellati da una sorta di funesta spossatezza, da un di più di tetraggine e di amarezza, come se a quell'epoca Bernini fosse già da gran tempo, per così dire, avvezzo e rassegnato a fiutare nel proprio genio un indizio di sciagura.

Si dirà che questa è soltanto una lettura "psicologica", non meno banale che arbitraria, dei due piccoli autoritratti. E magari si aggiungerà che ciò che rende questi due dipinti storicamente e artisticamente ragguardevoli non è affatto il loro opinabile contenuto psicologico, bensì la verificabile qualità di una "tessitura" e di una "materia" in cui Bernini mostra di aver raggiunto, nell'evoluzione tecnico-formale del linguaggio pittorico, un livello pari a quello conseguito, in quegli stessi anni, dal suo coetaneo Velázquez.

Non discuto: forse è così. Resta però che ogni volta che capito in questo museo, ciò che m'induce a indugiare, ammaliato, davanti a quei due autoritratti più a lungo che davanti a tutti gli altri capolavori che li circondano da tutti i lati, è proprio il loro enigmatico - e per me inesauribile-fascino psicologico.

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A questo punto mi si obietterà che quei quadri per me sono oggetto non di un ragionato e igienico "interesse culturale", ma di un'insana mania, giacché solo una specie di fissazione può farmi scorgere in quelle due tele la più irresistibile attrattiva di un museo che del Bernini contiene, fra l'altro, le due sculture più eccelse (quella prima, prorompente affermazione del dinamismo barocco che è il suo Davide e quel prodigio di slancio lirico trasfuso nel più flessuoso e duttile dei marmi che è il gruppo di Apollo e Dafne), e in cui si possono inoltre ammirare:

⚫ il portentoso, icastico, arguto Ritratto d'uomo di Antonello da Messina; 

⚫ quella suprema espressione di nitida forza raffiguratrice che è la Donna col liocorno di Raffaello; una Venere di Cranach deliziosamente ambigua, maliziosa e stravagante, col suo sghembo cappellino sulla testa, il sorriso perfidamente puerile e il tenero corpo bislungo reso ancora più invescante e malandrino dal più impalpabile e derisorio dei veli;

  • una Danae del Correggio non meno leggiadra e fragrante graziosamente scomposta su un letto che s'indovina ancora caldo di amplessi;
  • quelle due stupende apologie della più ricolma, morbida, dorata opulenza muliebre che sono le due tele tizianesche intitolate Amor sacro e amor profano e Venere che benda amore;
  •  la solenne, sfarzosa, misteriosissima Circe di Dosso Dossi;
  • una squisita, dolce, trasognata Sibilla del Domenichino;

⚫ per non parlare, infine, delle sei tele - tutte strepitose - del Caravaggio esposte nella quattordicesima sala: il drammatico e possente San Gerolamo (quasi una staffilata di luce nelle tenebre); il dolce e benigno Giovane con canestro di frutta (sognante omaggio a un'adolescenza umile e mansueta); lo struggente Bacchino mala-

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to (immagine toccante di una giovinezza a un tempo in- ferma e bramosa, patita e desiderante, debilitata e nostalgica); l'inquietante San Giovanni nel deserto (aspra e pungente raffigurazione di una plebea, virulenta carnalità maschile); la spettacolosa Madonna dei palafrenieri (magistrale, sconvolgente fotogramma di un film dedicato all'intima, segreta regalità e divinità dei poveri); e infine l'atroce Davide e Golia (in cui il Bellori volle che il pittore avesse prestato il suo volto al gigante decapitato, e che resta una somma espressione di ciò che Roberto Longhi, riferendosi al gioco delle luci nel Caravaggio maturo, chiamò felicemente "il virile pessimismo dell'adombrare caravaggesco"); eccetera eccetera.

In mezzo a tanti tesori - concluderà il mio obiettore - soltanto un'incomprensibile fisima potrebbe fomentare una passione così smodata per due dipinti senz'altro pregevolissimi, ma non certo al punto da costituire le gemme d'un così ricco e abbagliante contesto.

Ma sì, la mia è un'irragionevole ubbia, un uzzolo inesplicabile, un capriccio forse radicato in chissà quale connessione inconscia. Talvolta infatti mi dico che, per un lettore fanatico dei Tre moschettieri quale io sono stato da bambino, il fascino di quei due autoritratti potrebb'essere legato a un'indelebile associazione, ovviamente agevolata dall'aura di primo Seicento in cui sono immersi i due dipinti, fra i due volti del Bernini - quello fremente di lui giovane e quello più cupo di lui più vecchio - e le figure, da un lato, dell'impetuoso D'Artagnan, dall'altro del fosco e romantico Athos. Temo, per giunta, di amare tanto quei due autoritratti anche perché nell'insieme dell'opera del Bernini, con quel loro fuoco trattenuto, mi sembrano perfettamente antitetici alla plateale demagogia della sua opera più conosciuta: quel colonnato di piazza San Pietro che a me, sempre a causa di inammissibili associazioni inconsce (vagina dentata? complesso di castrazione?), sembra purtroppo un'immane, terrificante mandibola divoratrice. Comunque sia, resta che tutte le volte che capito in questo museo...

E qui mi devo fermare. Non posso, infatti, continuare a fingere che la mia innocua mania non abbia finora incontrato altri ostacoli che il biasimo degli esperti, giacché da molto tempo ben altre sbarre le interdicono l'accesso ai suoi due piccoli oggetti di culto. Né è soltanto a me che quelle sbarre vietano il passo, ma a tutti i visitatori, sottraendo al loro sguardo non soltanto i due autoritratti berniniani, bensì tutta la quadreria (dieci sale su venti) del Museo Borghese.

Si tratta di sbarre dovute a un necessario restauro. I lavori, però, durano da ben quattro anni, e nessuno per giunta sa dire quanto dovranno durare ancora.


(1988)

è lui

If he is - se lui è -
 il suo cane
 è lui è lui è lui!

1980 con cerchi a mano libera alla lavagna

 

giovedì 27 aprile 2023

a che scopo

 ” Non ci sono problemi, tutte o quasi tutte scopano, le più belle un po’ meno delle brutte, perché sono belle e allora hanno l’idea di dover scegliere. Ma le altre, quelle che si devono contentare del primo che le invita a letto, scopano continuamente, perché ormai è così, l’abitudine, la vita. Pas même avec dignité. Elles couchent, simplement“.
#EnnioFlaiano
Diario degli errori.

Tutte le rea