mercoledì 22 giugno 2011

Saint-John Perse, Eloges (83-85)

  stoglie dall’ombrinale
  lo splendore delle acque porpora squamate di grassi e d’urine, dove il sapone trama come tela di ragno.

*
   Sul rialto di cornalina, una ragazza vestita come un re di Lidia.

XIV

   Silente va la linfa e sfocia sulle rive sottili della foglia.
   Ecco un cielo di paglia ove lanciare, oh, lanciare! con forza la torcia!
   Io, ho voltato le spalle all’impulso.
   O amici che non conosco, dove siete?.. Non vedrete anche questo?... porti crepitanti, belle acque di rame molle dove mezzodì sbricciolatore di cémbali buca l’ardore del suo pozzo... Ed è l’ora

   in cui le città surriscaldate, in fondo ai viali, viscosi sotto le pergole diacce, l’acqua scorre nei bacini chiusi
violata
  dalle rose verdi di mezzodì.. e l’acqua nuda è simile alla polpa d’un sogno, e il Sognatore è sdraiato là, e
fissa il soffitto con l’occhio d’oro che guerreggia...
  E il fanciullo che torna dalla scuola dei Padri, affettuoso lungo l’affetto dei Muri fragranti di pane caldo,
vede in fondo alla strada dov’egli gira
  il mare deserto pià fragoroso di un’asta di pesci. E le botti di zucchero scorrono, presso gli scali di marcassite dipinti, a grandi fogliami, di petrolio

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  e negri portatori di bestie sgozzare s’inginocchiano alle ceramiche delle Macellerie Modello, scaricando un carico d’ossi e di fatica,
  e al crocevia del Mercato in bronzo, alta dimora corrucciata ove pendono i pesci e che s’ode cantare nelle sue foglie di ferro, un uomo glabro, in cotonina gialla, getta un grido: io sono Dio! e altri: è pazzo!
 
e un altro invaso da brama d’uccidere s’avvia verso il Castello-d’Acqua con tre palline di veleno: rosa, verde, indaco.

  Io, ho voltato le spalle all’impulso.


XV

  Infanzia, mio amore, ho tanto amato anche la sera:
è l’ora di uscire.
  Le nostre fantesche sono entrate nelle corolle delle vesti.., e incollati alle persiane, sotto le nostre trecce ghiacciate, abbiamo
  visto come lisce come nude alzano in cima alle braccia l’anello molle della veste.
  Le nostre madri stanno per scendere, fragranti dell’erba-di-Madame-Lalie... I loro colli sono belli. Va avanti e annuncia: « Mia madre è la più bella! » Odo già
  i lini inamidati,
che trascinano per le stanze un dolce rumore di tuono... E la Casa! la Casa? .. ne usciamo!
  Il vegliardo stesso m’invidierebbe un paio di raganelle
  e di stormire come una liana da baccelli, la guilandina o la mucuna.
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