sabato 25 febbraio 2012

Il linguaggio della chiacchiera

teorie e dei discorsi - in sé stesso causa di strane forme di cecità
— le false forme di "comunicazione" e cosi via determinano tre-
mende distorsioni della pubblica coscienza. Quindi, il primo atto
di moralità consiste nell’esumare la realtà, nel ripristinare la
realtà, estrarla dalle immondizie, tornare a presentarla, di bel
nuovo, come l’arte l’avrebbe presentata. Quindi, quando Dewey
parlava di "poesia", riversandovi sopra dileggio, aveva ragione
per il fatto che Corde compiva soltanto dei gesti "poetici"; ma
non era nel giusto per quanto invece concerneva la genuina ispi-
razione di Corde. Per il fatto che egli era ispirato, egli aveva un
genuino significato politico.
Non si stava più parlando di niente. Il linguaggio della chiac-
chiera aveva precluso del tutto l’esperienza. Quindi Corde si era
fatto sentire — o aveva tentato di farsi sentire. Ho cercato di far
di me stesso il moralista veggente. Gliel’ho cantata chiara. Mi
hanno odiato per questo, perlopiù. La mia stessa coscienza reale
si era fatta intermittente, con l’andare degli anni. Ecco cosa si-
gnifica guastarsi, nel mio caso: significa irregolarità di visione.
Ora vedi chiaro, ora no. Ciò porta all’esagerazione, anche. Co-
munque, questo e quel che avevo in mente. Quei tizi di Chicago
fanno pure bene ad odiarmi. Puo darsi che me lo meriti. Ma non
per questo. Io ho parlato in nome delle nobili idee dell’Occiden-
te, nella loro forma americana. Nessuno mi ha dato questo inca-
rico, me lo sono preso da me, senza starci tanto a pensar su! Una
sorta di naturale sfrontatezza. "Questa è la vostra città... questa
é la vostra democrazia americana. E anche la mia città. Ho il di-
ritto di dipingerla come la vedo." Oppure: "Il pubblico non ap-
prende certi eventi che invece vanno appresi". E io intendevo
dire a tutti il fatto loro.
»Hai fretta di andare. E va bene» disse Dewey. »Ti accom-
pagno Eno alla macchina.»
Mai più l’adolescente Spangler, eccitato, gesticolante, sareb-
be stato visto. C’era, al suo posto, un robusto gnomo-uomo che
cercava goffamente di uscire dal separé, appoggiandosi al tavolo
con le nocche. La barba gli conferiva un aspetto di decente anzia-
nità. Ma era malfermo sulle gambe. Corde, che l’aspettava, sen-
tiva lui pure gli effetti del drink, poiché, mentre l’amico s’affan-
nava per alzarsi, lui lo vedeva come una sorta di pianta umana:
un breve tronco carnoso, e una faccia sferica, troppo piena, trop-
po fruttificata, compiaciuta di sé. Va’ dunque. E rallegrati!
Dewey lo commuoveva. Tutto adesso sembrava commuoverlo.
»Non importa, amico. Trovo da me la strada.»
»C’e tempo, c’e tempo. Avrei voluto che la bevuta fosse du-
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