mercoledì 29 febbraio 2012

Cristiana Capotondi in una scena del film Dalla vita in poi

Cristiana Capotondi in una scena del film Dalla vita in poi


La coppia secondo Monica Bellucci
"Credo nell'amore non nella fedeltà"


"IO NON credo nella fedeltà, io credo nell'amore". Anche se comporta qualche distrazione, qualche tradimento? "Io non voglio sapere. Non è che chiamo per sapere. Lo ripeto: a me interessa l'amore, del resto meglio non chiedere. Quel che importa è l'amore, stop. Sapere che quella persona c'è, se hai bisogno c'è. Però alla fedeltà ci credo di meno. La fedeltà del cuore è qualcosa in cui credo di più che alla fedeltà del corpo. Tradire carnalmente è meno grave". Più che parlare sussurra, la sua voce è un soffio roco. Ha 48 anni e gliene dai dieci di meno. La sublime italienne: Monica Bellucci indossa un tailleur nero rétro, calze color fumo velate, tacchi altissimi, e sotto la giacca di taglio maschile un corpetto di pizzo nero genere lingerie. È alta, sottile, minuta, taglia mannequin non fosse per il décolleté generoso. Sposata a Vincent Cassel, attore considerato irresistibile, a sua volta munita di notevole sex appeal, si abbandona a qualche riflessione sull'infedeltà e sulla gelosia.


"Purtroppo non c'è una legge che tenga insieme due persone, o un contratto che le obblighi. Magari ci fosse: la seguiremmo e sapremmo tutti dove andiamo. E invece non sappiamo nulla, e quindi anch'io faccio così, anch'io vado avanti giorno per giorno. Un rapporto di coppia funziona o non funziona, e non c'è dato sapere fino a quando. L'unica cosa sicura nella mia vita sono le mie figlie; io sono italiana e per noi italiani la famiglia è tutto, in particolare i figli. Il resto viene dopo". Quanto alla gelosia già da anni Monica Bellucci teorizza che è meglio che gli attori si sposino tra loro: sanno che quando si recita si finge, e ciò li aiuta a superare certi impulsi, "quella gelosia un po' meschina che chiamo due camere e cucina". Oggi però Monica precisa: "Non mi piace essere categorica e non mi piacciono le maestrine. Spiego meglio. Attenzione: non è che non sono gelosa. È chiaro che un attore capisce meglio un'attrice e viceversa. Ma è chiaro anche che se mio marito ha una scena sensuale con una donna che trova attraente, sicuramente recita meglio. Quello che posso aver detto in passato è che fare lo stesso lavoro a volte aiuta. Ma non necessariamente: ci sono tante mie colleghe sposate con uomini che fanno tutt'altro mestiere e va bene lo stesso".


Comunque, che colpo al cuore, che terremoto, innamorarsi: "Innamorarsi, anzi "cadere innamorati" è terribile e meraviglioso - dice come se parlasse a se stessa - bisogna esserci passati per capire che cosa ti succede dentro". In che misura l'infedeltà e la gelosia possono essere legate alla bellezza, all'aspetto fisico, alla desiderabilità? La bellezza bisogna possederla e non esserne posseduti, perché è un bene momentaneo che non va sopravvalutato, ama ripetere Monica, e racconta di aver trascorso lunghi anni a dover dimostrare che valeva qualcosa al di là dell'involucro fisico, "un carapace - lo definisce - che è stato la mia armatura, ma anche la fonte di ogni mia fragilità". Un'arma a doppio taglio dunque. Ma anche un bene deperibile, occorre ricordarselo sempre. "Gli anni passano e io non sono per niente una ragazzina né mi sento una ragazzina. La bellezza a un certo punto se ne va. È nella natura delle cose, fermare il tempo non si può. Però credo che le donne, soprattutto oggi, con l'andare del tempo acquisiscano un altro tipo di forza e di bellezza, uno sguardo, qualcosa di imprecisabile, una luce negli occhi che solo la vita ti può dare. Sono contenta alla mia età di essere stata chiamata da Dolce & Gabbana come testimonial dei loro rossetti: un incoraggiamento per le donne mature. La bellezza biologica non è tutto".


Come capita a molti attori, si definisce timida: "All'inizio lo ero molto di più, adesso tendo ad aprirmi". Le è stato più utile lo studio o l'istinto? "Tutti e due credo. Qualcosa di naturale e di animalesco è indispensabile, sia nel lavoro che nella vita. L'intuito che ti fa percepire le cose al volo senza che tutto passi per la razionalità, qualcosa che senti e non sai perché lo senti, no?" Quando ha capito che ce l'aveva fatta? "Mai. O non ancora. È un'evoluzione continua, soprattutto il mio lavoro, che è un lavoro da saltimbanchi in cui hai dei momenti che sono meravigliosi e altri che sono terribili". La nuova Silvana Mangano (lo diceva Dino Risi), la nuova Loren: eredità pesanti, modelli di riferimento troppo alti? "Lusinghiero ma non ci ho mai creduto. E poi i tempi oggi sono diversi". L'eterna critica che l'ha accompagnata per anni - è troppo bella per essere anche brava, per saper recitare - non sembra scalfirla più di tanto: "È normale, io effettivamente venivo dalla moda e nel cinema dovevo imparare tutto".


Moglie infedele in uno dei suoi ultimi film, Un été brûlant, di Philippe Garrell, continua a incarnare il ruolo di femme fatale, proprio come in uno dei suoi film d'esordio, La riffa in cui, giovane vedova in difficoltà economiche, si mette in palio come primo premio di una lotteria. Oggetto del desiderio maschile per vocazione e per contratto, con un imprimatur d'autore, quello di Tornatore in Malena. Entra ed esce dal personaggio rimanendo sempre se stessa, che sia Cleopatra, la più celebre seduttrice della storia, o che sia semplicemente Monica Bellucci, la diva-mamma che posa in kimono nero aperto sul pancione per la copertina di Vanity Fair. È l'eterno femminino: contesa, ammirata, desiderata, pronta ad accendere grandi passioni. E pronta a gettare acqua sul fuoco della gelosia e dell'infedeltà: perché - ripete - ci sono cose molto più importanti della fedeltà a priori in una relazione stabile e profonda.
(24 marzo 2012)

Donne Moderne

Alba:  Buuonasera!!
 me:  non vedo il Boss da tempo
LA WEBCAM-HUMANA
 Alba:  È fatto du quaglio
 me:  ah ah
 Alba:  sono dal telefono
 me:  e la Buona Rovella?
stud-ì-ìa??
eh
Donne Moderne
a domani
 

rootiers

l'accuratezza, la cooperazione, l’evidenza osservativa, l'intenzionalita,
la menzogna, la razionalità epistemica e quella pratica,
la sincerità, lo stato di natura, la verità.

c'è voluto l'investimento dell'economia per convincere quasi tutti che ci troviamo di fronte a un processo irreversibile, anche se nessuno sa dove esso ci condurrà e in che modo. In un certo senso questo dove e come è ciò che gli umanisti potrebbero contribuire a inventare, se banalmente si mettessero a lavorare con questi strumenti senza cambiare il proprio mestiere. Se un poeta orale si mette a scrivere, non è detto che diventi meno poeta: sicuramente sarà un poeta diverso. Così se un maggior numero di critici, di filologi o di scrittori applicasse la propria competenza a nuove forme di scrittura, indipendentemente dall'atteggiamento - spietatamente critico, prudente, entusiasta, ma comunque più consapevole - è indubbio che la qualità media delle produzioni digitali e il livello di comprensione generale di ciò che sta accadendo si eleverebbe 

 



i rootiers 

instradatori
del digitale nella cultura

coniugare mondo della ricerca di base delle università che dei beni culturali
con i sistemi a ricerca aperta

1 - nelle root

2 - lasciando alle dinamiche spontanee della società - vedi, per es, come si sono affermate le tecnologie dei telefonini anche tra anziani -
la promozione degli usi

temi

ebook
tablet
references-callcenters-control rooms

esperienze precedenti


gruppi di artisti e tecnologie vecchie e nuove _| videor |
sviluppo territoriale integrato                        _| leader |
handicap                                                   _| horizon 1 e 2 |
comunità universitarie                                 _| mondoailati | uniet | icra network |
beni culturali                                              _| reference abruzzo | polo sbn biblio | 

sabato 25 febbraio 2012

Il linguaggio della chiacchiera

teorie e dei discorsi - in sé stesso causa di strane forme di cecità
— le false forme di "comunicazione" e cosi via determinano tre-
mende distorsioni della pubblica coscienza. Quindi, il primo atto
di moralità consiste nell’esumare la realtà, nel ripristinare la
realtà, estrarla dalle immondizie, tornare a presentarla, di bel
nuovo, come l’arte l’avrebbe presentata. Quindi, quando Dewey
parlava di "poesia", riversandovi sopra dileggio, aveva ragione
per il fatto che Corde compiva soltanto dei gesti "poetici"; ma
non era nel giusto per quanto invece concerneva la genuina ispi-
razione di Corde. Per il fatto che egli era ispirato, egli aveva un
genuino significato politico.
Non si stava più parlando di niente. Il linguaggio della chiac-
chiera aveva precluso del tutto l’esperienza. Quindi Corde si era
fatto sentire — o aveva tentato di farsi sentire. Ho cercato di far
di me stesso il moralista veggente. Gliel’ho cantata chiara. Mi
hanno odiato per questo, perlopiù. La mia stessa coscienza reale
si era fatta intermittente, con l’andare degli anni. Ecco cosa si-
gnifica guastarsi, nel mio caso: significa irregolarità di visione.
Ora vedi chiaro, ora no. Ciò porta all’esagerazione, anche. Co-
munque, questo e quel che avevo in mente. Quei tizi di Chicago
fanno pure bene ad odiarmi. Puo darsi che me lo meriti. Ma non
per questo. Io ho parlato in nome delle nobili idee dell’Occiden-
te, nella loro forma americana. Nessuno mi ha dato questo inca-
rico, me lo sono preso da me, senza starci tanto a pensar su! Una
sorta di naturale sfrontatezza. "Questa è la vostra città... questa
é la vostra democrazia americana. E anche la mia città. Ho il di-
ritto di dipingerla come la vedo." Oppure: "Il pubblico non ap-
prende certi eventi che invece vanno appresi". E io intendevo
dire a tutti il fatto loro.
»Hai fretta di andare. E va bene» disse Dewey. »Ti accom-
pagno Eno alla macchina.»
Mai più l’adolescente Spangler, eccitato, gesticolante, sareb-
be stato visto. C’era, al suo posto, un robusto gnomo-uomo che
cercava goffamente di uscire dal separé, appoggiandosi al tavolo
con le nocche. La barba gli conferiva un aspetto di decente anzia-
nità. Ma era malfermo sulle gambe. Corde, che l’aspettava, sen-
tiva lui pure gli effetti del drink, poiché, mentre l’amico s’affan-
nava per alzarsi, lui lo vedeva come una sorta di pianta umana:
un breve tronco carnoso, e una faccia sferica, troppo piena, trop-
po fruttificata, compiaciuta di sé. Va’ dunque. E rallegrati!
Dewey lo commuoveva. Tutto adesso sembrava commuoverlo.
»Non importa, amico. Trovo da me la strada.»
»C’e tempo, c’e tempo. Avrei voluto che la bevuta fosse du-
119

giovedì 23 febbraio 2012

libertà, uguaglianza, giustizia, democrazia, abbondanza

giornalismo di Dewey Spangler. Dewey, alla sua confidente e
confortevole ma anche perentoria maniera, gli avrebbe detto:
"Questo e quel che abbiamo. Beati noi, ad avere un tal legame".
Resuscitata la loro amicizia, Spangler l’avrebbe tradotta nel suo
linguaggio giornalistico, e, raflorzato da quei vecchi tempi di
Lincoln Park, dai libri di poesia e dall’amicizia stessa, nonché da
tutto cio che Corde aveva appreso nel frattempo, sarebbe potuto
diventare un "comunicatore" ancora piu principesco.

E ora, con ancor più tempestosa obiettivita, guarda te stesso:
in che modo ti sei guastato tu, Albert Corde? Beh, Corde aveva
illusioni paragonabili a quelle di Dewey, sebbene in campi diffe-
renti. Guardatelo: una persona sincera, pensosa, di gran cuore,
deturpata dal tempo (un fesso) con i suoi desideri morali: uno
che si accolla i fardelli dell’umanità. Egli prendeva, più o meno
segretamente, molto sul serio certe questioni di cui non poteva
neanche mettersi a discutere con Spangler. C’era quella, ad
esempio, della riunione fra spirito e natura (che la scienza aveva
fatto divorziare). Dewey Spangler era molto duro con gli scrit-
tori che parlavano di "spirito", con gli intellettuali in fuga dalle
realta materiali dell’epoca presente (questo, Corde lo aveva de-
dotto leggendo la sua rubrica). Quindi, Corde avrebbe potuto
elencare una decina di argomenti sui quali lui e Spangler non si
sarebbero mai trovati d’accordo. Ma, se lui avesse avuto la men-
te chiara, se quegli argomenti fossero stati pensati e risolti, in
modo netto, non vi sarebbe stata alcuna difficoltà a discuterne.
Quindi era evidente che Albert Corde si era guastato. Dewey gli
aveva chiesto per quali motivi aveva scritto quel reportage per
Harper'; Qual era insomma la vera spiegazione? Di nuovo, un
nobile intento: evitare che l’idea americana venisse frantumata
e ridotta in polvere. Ecco il nostro ideale americano: libertà,
uguaglianza, giustizia, democrazia, abbondanza. Ed ecco, invece,
come stanno le cose, oggigiorno, in una citta come Chicago. Date
un’occhiata! Come apprende, il pubblico, gli avvenimenti? Non
li apprende. E' stato privato della capacità di farne esperienza.
Corde riconosceva di essersi mostrato molto arrogante. La sua
pazienza era al limite. Ne aveva avuto abbastanza. Ora avrebbe
aperto la bocca per parlare. Quindi, attenti!

Nella crisi morale americana, la necessità primaria è quella
di far esperienza di ciò che accade e vedere tutto ciò che va visto.
I fatti però restano celati alla nostra percezione. Più che in pas-
sato? Si, poiché le novità ed i mutamenti (in specie l’aumento
di consapevolezza - ed anche di falsa coscienza) sono oggi accom-
pagnati da un tipo singolare di confusione. L’incremento delle
118 SAUL BELLOW IL DICEMBRE DEL PROFESSOR CORDE RIZZOLI ed

una vera esperienza

opposti, quale terreno aveva occupato Dewey? Il gran pubblico - consumatore delle sue tesi - non richiedeva che lui occupasse alcun terreno. Bastava che badasse a parlare. Lui viveva (sebbene Corde dubitasse che una simile tensione potesse chiamarsi vita) in una sorta di mondo incantato — a contatto con i grandi avvenimenti — e di là comunicava le sue opinioni, da molti ritenute serie e responsabili, sui principali sviluppi della storia. Corde in questo ci vedeva qualcosa di falso e grottesco. Era solo "una moderna coscienza pubblica". Non v’era, dentro, una vera esperienza, non ve n’era affatto. Le forme in cui l’esperienza avveniva eran corrotte. Quindi Corde si chiedeva: "Che senso avreb-
be questa magnifica amicizia, fra due vecchi ragazzi di Chicago, se l’aggiornassimo". La risposta era che avrebbe somigliato al
117 SAUL BELLOW IL DICEMBRE DEL PROFESSOR CORDE RIZZOLI ed

mercoledì 22 febbraio 2012

Beauty Contest

Charles Baudelaire (anche se a scuola nessuno ne parla!), "l'inatteso, l'irregolare, il sorprendente, lo stupefacente sono parte essenziale e caratteristica della bellezza" |*].
non è l'attrice americana omografa, è una studentessa rampante terribilmente indignata in tv (non si vede forse?)
|*] l'ingresso in una dimensione non usuale, non quotidiana, non statica. Ed è a partire da questo momento che ha inizio una rivalutazione di ciò che chiamiamo l'arte, il teatro, il linguaggio: perché lì si è conservato qualcosa di quella violenza al reale che si attua nella cerimonia iniziatica e nel rito. Baudrillard.

Quando sento parlare di Cultura...


  1. Arte senza senso

    www.antithesi.info/testi/testo_2_pdf.asp?ID=605
    9 mag 2010 – “…ciò che davvero interessa Baudrillard non è il problema della conoscenza, ... È quanto fa appunto il ready-made, quando si accontenta di disinvestire un ... curatore del padiglione Italia della Biennale d'Arte di Venezia, da uno dei suoi ... edel limite della condizione autarchica della cultura nazionale.
  2. Jean Baudrillard | Critica Impura

    criticaimpura.wordpress.com/tag/jean-baudrillard/
    16 mag 2011 – Come scrive ad esempio Cassirer: “spesso si è voluto identificare il linguaggio con la ... secondo l'adagio wittgensteiniano per cui il linguaggio è l'uso che se ne fa... copernicana in base al quale non è la mente a creare la cultura, ma è quest'ultima a .... [4] J. M. Lotman, La semiosfera, Venezia 1985, p.
  3. Il sogno della merce (Jean Baudrillard)

    www.gianfrancobertagni.it/materiali/filosofiacritica/sognomerce.htm
    Non si tratta di essere - e nemmeno di avere - un corpo, ma di essere fissati sul ... di stimolazione e di simulazione che vanno da Venezia a Trupanga Canyon, ... E a quest'ossessione fa da contrappunto l'altra, di essere fissati sul proprio ... In quanto discorso inutile, inessenziale diventa consumabile come oggetto culturale.
  4. Arte moderna - Linguaggi dell'arte moderna - Il Kitsch

    www.artonweb.it/artemoderna/linguaggiartemoderna/articolo10.htm
    Una pagina di Antithesi dove leggere i miei articoli e commenti ... dove fino al settembre 2012 si possono candidare foto su due temi: Piazze e Ponti. ... Dice Jean Baudrillard, profondo indagatore dell'odierna società dei consumi, che il Kitsch " Si ... le dissonanzee le lacerazioni della nostra epoca e della sua cultura non ...
  5. Edgar Morin, filosofia eretica ed etica della comprensione.
  6. www.scribd.com › Books - Non-fiction › Philosophy
    10 set 2010 – Nicola Giusto, Ma Università Caʼ Foscari di Venezia ... In polemica con le più conosciute analisi di Debord e Baudrillard, Morin ha ... Si tratta quindi di svelare, mostrando e portando alla luce una terza via al di ... 55: “I contenuti della cultura di massa, come è chiaro, non sono stati fabbricati artificialmente.

la macchinetta del testo

recluso in questa tetra periferia sfiorita della mente qualunque

videorlab.
by Orazio Converso on Wednesday, June 15, 2011 at 4:55pm ·
Col Blog - con il Blog - si potrebbe andare avanti all'infinito, la macchinetta del testo è inarrestabile,...Ricopiai, per dargliele, le due traduzioni di Kavafis che a Clea piacevano, sebbene tutt'altro che letterali. Ora che il canone cavafisiano è stato oramai stabilito grazie alle belle e meditate traduzioni inglesi di Mavrogordato e che il poeta è stato in certo qual modo reso disponibile agli esperimenti poetici di altri, io ho cercato di trapiantare più che tradurre; con quale esito non saprei dire.

Triangolo delle Bermude. La strada dei verdi.

Triangolo delle Bermude. al Bar della radio.


barloose tv

martedì 14 febbraio 2012

Matematica Come Scoperta

http://matematica-old.unibocconi.it/prodi/prodi.htm
http://orazioconverso.blogspot.com/2009/09/giovanni-prodi.html A. Di Libero è docente di Matematica e Fisica presso il Liceo Scientifico "Vittorio Veneto" di Milano. Ha insegnato in scuole sperimentali e collabora con diverse case editrici.

Intervista a Giovanni Prodi
di Amerigo Di Libero

Nel marzo del 2002, sulle pagine di "Lettera Matematica PRISTEM", mi rammaricavo che fosse stato messo fuori catalogo il libro di testo di Giovanni Prodi Matematica come scoperta (Firenze 1975-1981-1982). Quale gradita sorpresa quindi ricevere nella primavera scorsa il nuovo testo Scoprire la Matematica ( per i tipi della "Ghisetti e Corvi" ) scritto da Giovanni Prodi, in collaborazione con A. Bastianoni, D. Foà, L. Mannucci, M.T. Sainati, N.Tani.

Non si tratta di una semplice riedizione della Scoperta. Per questo motivo e per l'importanza che quella edizione ha avuto per la didattica della Matematica, ci è parso giusto sentire l'autore e allargare il discorso sulle prospettive e le difficoltà dell'insegnamento.


Sono passati quasi trent'anni dalla prima edizione di Matematica come scoperta (McS). Oggi ci sono insegnanti di Matematica che allora non erano ancora nati e che, per come sono andate le cose, non hanno avuto la possibilità di leggerla. In questi giorni sta uscendo una "filiazione" di quel testo; ce ne può tracciare le caratteristiche, gli elementi di continuità e quelli di evoluzione?

Penso che, arrivati ad una certa età, si abbia il dovere di "fare il punto", distinguendo ciò che è stato raggiunto da ciò che rimane una meta ancora lontana. Certamente occorre una bella cocciutaggine per ritentare imprese fallite, ma la cocciutaggine fa parte dell'habitus del matematico. Qualche anno fa, sollecitato da vari docenti che adottavano con convinzione McS, ho accettato di ripensare con loro una riedizione del progetto. Si è formato così un gruppo misto Scuola secondaria-Università con l'intento di riscrivere l'opera per non disperdere un patrimonio di idee ed esperienze che si era formato.
Il beneficio di questa collaborazione è stato duplice: il contributo degli insegnanti secondari è stato particolarmente importante per la scelta del linguaggio (di più facile accesso alla Matematica per l'allievo) e per l'arricchimento degli esercizi; d'altra parte è stato utile, per la formazione di un insegnante, lavorare a un progetto comune con docenti universitari.
Quali elementi di continuità fra McS e Scoprire la Matematica? Il nuovo titolo dell'opera vuole riaffermare la validità dell'impostazione di allora; in particolare:

* la validità dell'insegnamento per problemi;
* l'importanza di un'ossatura teorica che colleghi i vari temi e faccia sperimentare la bellezza e l'unità della Matematica;
* l'uso di un linguaggio espressivo e rigoroso.

Quali le novità della nuova edizione? Alcune sono formali: l'opera si presenta come una collana di volumetti, che consente all'insegnante una maggiore libertà nel programmare un suo itinerario. Fra i vari fascicoli esistono numerose connessioni, ma sono organizzati in modo da essere abbastanza indipendenti l'uno dall'altro e da consentire percorsi diversi in relazione al tipo di scuola in cui ci si trova. Per esempio, per la geometria delle trasformazioni, in un percorso scolastico più semplice, si potrà utilizzare Matematica per cominciare che fa leva più sull'operatività e sull'intuizione; in un percorso più esigente, si potrà affrontare anche la Geometria del piano, più completa dal punto di vista razionale.
Si è cercato di ovviare ad uno dei difetti riscontrati da numerosi insegnanti in McS, cioè la scarsità degli esercizi ordinari (scelta fatta a suo tempo come reazione alle batterie di esercizi addestrativi di molti testi scolastici). Nel nuovo testo gli esercizi sono più numerosi e variati, ma rimane l'indicazione di usarne solo la quantità utile per aumentare la comprensione, non per creare negli alunni comportamenti meccanici o riflessi condizionati.
Sono già usciti i sei volumi del biennio e usciranno presto anche quelli del triennio. Fra i primi, due hanno carattere di novità rispetto all'opera precedente: Matematica per cominciare e Amico calcolatore.

Tra i sei volumi che costituiscono il testo quello che mi ha interessato di più è Matematica per cominciare. A mio parere, è il più nuovo e al tempo stesso il più fedele allo spirito di M.c.s. In particolare il capitolo su Matematica e realtà sembra indicare con decisione una strada fin qui solo accennata, in modo isolato e spesso disorganico, in molte esperienze di didattica.

domenica 12 febbraio 2012

fonte conoscitiva della testimonianza


della fonte conoscitiva della testimonianza (a quanto mi risulta,vi è al momento il mio  volume a essa interamente dedicato, il mio (Nicla Vassallo) Per sentito dire, uscito presso Feltrinelli), a livello intemazionale, da qualche decennio, si sfornano articoli e libri che, con una raffinatezza sempre più elevata, teorizzano criteri, stando ai quali quanto ci viene testimoniato riesce di fatto a trasformarsi in conoscenza,  o, con maggior cautela, in credenza giustificata. 
Spesso questi criteri vengono sviluppati a partire da due diverse concezioni, una di matrice reidiana, l’altra di matrice humeana: come si evidenzia per l'appunto in Per sentito dire, la prima rende la testimonianza "innocente", "in quanto meritevole di venire creduta, a meno che si possa dubitare di essa», mentre, la seconda la  rende "colpevole" in quanto immeritevole divenire creduta, fintantoché non si disponga di ragioni per credere nella sua giustificazione». Contro queste e altre concezioni si esprime Paul Faulkner che pone pesantemente l'accento sulla necessità della fiducia quale componente essenziale e razionale, al fine di conferire forma alle conoscenze e alle credenze giustificate acquisite per via testimoniale. Benché non nuovo, il richiamo alla fiducia assume in Faulkner un rilievo senza precedenti, e tocca temi che, sviluppati in stretta relazione alla testimonianza, risultano di grande respiro e in Knowledge on Trust vengono fotografati sotto un’inedita angolazione. Basti pensare ai seguenti: 
l'accuratezza, la cooperazione, l’evidenza osservativa, l'intenzionalita, la menzogna, la razionalità epistemica e quella pratica, la sincerità, lo stato di natura, la verità.


© RIPRODUQIONE RISERVATA
Paul Faulkner, Knowledgé
0u Trust, Oxford University Press,
Oxford, pagg. 240