domenica 10 ottobre 2010

6. Radio_Amanti

Io rido, ma la vita religiosa non la paga nessuno
Suor Maria Giuliana, Foligno, settembre 2010
[Intervista tivvù in occasione del suo 100° compleanno]

i Radioamatori, da non confondere con quelli che amano la radio e la ascoltano, costituiscono la topica decisiva sulla genesi dell'homus tecnologicus vulgaris che segna ancora la pratica ingegneristica, con un rigurgito finale che non per questo non manca di fare i suoi danni in piena epoca digitale.
i Radioamatori, solo ieri l'altro:  eravamo nella condizione in cui tecnici valentissimi, spessissimo autodidatti, appassionati, andavano in giro per monti e per valli, a piedi o motorizzati, da soli o in compagnia, per città o paesi, per non dirsi a distanza assolutamente nulla se non "mi senti? come mi senti? etc", senza farsi tentare dall'effusione verbale o dall'ispirazione emotiva dell'hic et nunc espressivo.
All'altro capo, altro corno del dilemma,  gli Italiani in possesso di un telefonino, oggi. 

Fisserei una forbice di  oscillamento tra i 10 ed i 20 anni, un soffio di tempo, ma che segna due epoche, come ei fu il vecchio Napoleone

La tentazione di strumentalizzare l'ingegnere rimane immanente, man mano che gli ingegneri diventano sempre più i detentori del sapere utile, i chierici della nuova religione delle tecnoscienze. Ma - dico io - gli ingegneri come tali cosa sanno del mondo? NULLA, non sanno assolutamente nulla, NULLA. 


Ora li chiamano ricercatori, il mondo ama solo i ricercatori, pensatori sommi: ma sono soltanto i tecnici specializzati dell'oggi incombente, eh, dell'atteggiamento di chi cerca non hanno NULLA,; tetragoni, sono ben piantati sulle loro certezze a cui sono indotti dalle necessità strumentali del loro impiego. Gente pericolosa, figli diretti di quel tal  Wernher von Braun (1912–1977) dirigente nazista cooptato dalla Nasa per le glorie meravigliose e progressive della conquista dei Cieli.


ai RadioAmatori non avresti strappato un soffio vitale neanche sotto tortura! Ai nostri contemporanei costretti al telefonino tocca sotto tortura soffiare nel microfono senza sosta e si avvera la profezia di McLuhan e di Baudrillard e Barthes: una civiltà che obbliga a parlare, non che ti vieti di parlare, questo è il nuovo incubo inverato dalle tecnoscienze nella comunicazione.

E i tecnici, in ciò? Cosa amavano, cosa li teneva insieme, cosa provavano in collegamento?
Magari se si risponde a questo si può indovinare anche il motivo profondo della rete digitale, il suo successo.


Ma sia chiaro che gli ingegneri e i tecnici sono oggi due cose proprio diverse e distanti: colui che s'ingegna e indaga il mistero, che si chiede cosa ci sia che adesso non vede, è esattamente il contrario del tecnico e delle sue squallide certezze, pericolose, subalterne, coatte.