domenica 14 agosto 2011

Povera Juliet

Alfredo conosceva la necessità di quell'eroismo oscuro del quale non sarà mai reso esplicitamente conto nel dare e l'avere delle relazioni pubbliche di ogni artista - e in quanto a questo di ogni uomo. Nel rumine degli anni cinquanta tirò da solo le somme della clandestinità in guerra e dopoguerra, forzò il blocco da cui devono passare i Poeti Nuovi tra i nuovi poeti, si tagliò i ponti alle spalle e si lasciò portare dal rinascere che gli era intorno.
Lo fece coerentemente rendendosi pienamente pubblico e disponibile alla sconfitta, osò l'avanguardia senza quel complesso di povertà che aveva spurgato con ciò che lui stesso definì l' autoanalisi più tardi: usando ciò uno strumento scientifico che non lasciasse scampo, per primo a lui stesso ("non prove esige dall'attore / ma una completa autentica rovina" B.Pastrernak).
Qualcuno dovrebbe spiegare oggi che il suo progetto artistico fu un triplo salto mortale per chi l'arte l'aveva conosciuta bene nella sua compiutezza. Eco scrisse poi l'Opera aperta e lui la fece; capì ancora p'rima che dioveva farsi opera lui stesso, come la neoavanguardia chiedeva.
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